Negli anni Novanta, quando insegnavo al Liceo Scientifico Statale “Enrico Medi” di San Bartolomeo in Galdo, Loredana Capuano, un’alunna di Foiano Valfortore, prima mi mostrò e poi, accortasi del mio interesse, mi regalò una vecchia antologia di poesie composta da Giuseppe Lipparini, Primavera poetica (Carlo Signorelli, Milano 1913). Erano “poesie facili per esercizio di lettura e di memoria. Ad uso delle scuole medie inferiori”. Scorrendone le pagine vi ho ritrovato (p. 178) questo ritratto in versi di S. Francesco D’Assisi che veniva proposto agli alunni dell’inizio del secolo scorso.

   L’autore della poesia, Fausto Salvatori (Roma 1870 – ivi 1929), fu un letterato vissuto a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Formatosi nel clima dannunziano, scrisse poemi e tragedie d’intonazione celebrativa, su spunti per lo più patriottici e religiosi, numerosi libretti d’opera e il notissimo Inno a Roma, musicato da Giacomo Puccini. Scrisse anche parecchi scenari per il cinema, fra cui quello di Fabiola.

   L’antologia del Lipparini e la lirica del Salvatori sono ormai più o meno centenarie, ma la loro utilità, almeno per me, non è venuta del tutto meno. Approfittiamone ancora e andiamo a respirare insieme, anche noi, un po’ di “aria francescana”, gustando i vari tratti dell’immagine di S. Francesco delineataci dal poeta.

   Metrica. Venti versi – doppi settenari – riuniti dalla rima in dieci distici: AA,BB,CC…

  San Francesco

 
Parlava alle cicale, predicava agli uccelli,
e l’albero e l’arbusto erano suoi fratelli.
A la Vergine santa, con l’anima amorosa
volgendo la preghiera, dicea. – Mistica rosa; –
poi levava la voce in gloria del Signore:
– Dove posava il piede, ivi nasceva un fiore. –
Le agnelle al suo passare accorrevano liete,
le tortore selvagge rendeva mansuete,
ai lupi furiosi donava la dolcezza:
tanta virtù gentile avea nella carezza!
Amava con l’esempio ornare le parole
e gli umili diceva simili alle viole
che germoglian tra il verde, modeste ed ignorate
ma d’un sottile aroma nel calice beate.
Il santo avea le lacrime per tutte le sventure,
lieto benediceva tutte le creature:
avea l’anima pura come il fiore del giglio,
la carità splendeva soave nel suo ciglio,
la carità che i poveri e i dolenti consola:
come una fonte limpida era la sua parola.
 

Fausto Salvatori (1870 – 1929)