Nel 1205, in questa chiesa, l’incontro con il Crocifisso fu decisivo per il giovane Francesco. L’inizio di un’avventura straordinaria i cui frutti sono ancora evidenti in mezzo a noi. Un incontro, un’avventura che nasce nel segno della croce.

Proprio di croce ci parla il Vangelo di domenica prossima e abbiamo voluto che risuonasse fin da subito in queste catechesi vespertine. Questa sera ci lasceremo provocare dall’invito di Gesù a prendere la propria croce ogni giorno.

Ci guiderà nella preghiera mons. Felice Accrocca: lo accogliamo con gioia per tanti motivi.

Il primo è che è stato ordinato Vescovo il 15 maggio di quest’anno e domenica scorsa ha preso possesso dell’arcidiocesi di Benevento: benediciamo insieme il Signore per questo dono che hai ricevuto a servizio di tutta la Chiesa.

Il secondo motivo è la tua passione per il carisma francescano, che hai saputo riversare nella tua attività di docente, di scrittore, di ricercatore di storia medievale.

E infine, ma non meno importante, un terzo motivo: il dono della tua amicizia, le tue belle qualità umane, le tante esperienze che abbiamo condiviso insieme.

Carissimo don Felice ti ringraziamo di aver accolto il nostro invito nonostante gli impegni a cui, immaginiamo, dovrai far fronte in questo periodo.

Il Crocifisso di San Damiano è il testimone dell’incontro di Francesco con il Signore Gesù, volto vivo della Misericordia del Padre. A lui affidiamo questa sera il tuo servizio e la tua vita.

Con queste parole il Guardiano, p. Gianpaolo Masotti, ha introdotto la celebrazione dei Vespri di ieri sera; e davvero mons. Accrocca ci ha aiutati a pregare con una catechesi lucidissima e vigorosa, acuta nell’interpretazione dei testi, incisiva negli esempi e nell’attualizzazione.

Prendere la propria croce ogni giorno.

L’Arcivescovo ha ricordato come Gesù rivolga questo invito mentre è decisamente incamminato verso Gerusalemme, nella piena consapevolezza che nella Città Santa sarà consegnato e ucciso. Ciò significa che Gesù ha già preso la propria croce: egli, che ha condiviso tutto della nostra condizione umana, tutte le fatiche, i drammi e le angosce, tutto, fuorché il peccato, non ci chiede mai qualcosa che egli stesso non abbia già sperimentato e vissuto.

La croce di Gesù, poi, non è solo quella del Golgota; è anche, e soprattutto, quella della incomprensione e della solitudine che lo accompagnano già in questo cammino verso Gerusalemme, in cui gli Apostoli, pur preparati dal Maestro all’imminente dramma della Passione, disputano tra loro su chi sia il più grande. Questa incomprensione e solitudine si ripresenteranno, acutissime, nel Getsemani, dove l’invito di Gesù a restare e pregare con lui sarà vinto dal sonno degli Apostoli a lui più cari; e culmineranno nel tradimento, rinnegamento, abbandono da parte di quelli che aveva chiamato amici.

Mons. Accrocca ha quindi voluto commentare singolarmente tre espressioni: prenderesuaogni giorno.

Prendere è più che portarePortare può essere subirePrendere significa scegliere, addirittura sposare. Come si può sposare la croce? Solo nella fede, per la quale la croce è mistero di grazia in cui Dio nasconde e offre una benedizione più grande. Non c’è altra strada per la santità. Con franchezza, il presule ha messo in guardia da una fede che non trasforma la vita; da un moltiplicarsi di devozioni che non cambiano la concretezza dei nostri giorni.

La sua. Ognuno ha la sua croce. Gesù ha avuto la sua; io ho la mia, ed è soltanto mia: è per me, e per nessun altro; nessun altro può portarla al posto mio. C’è un realismo, una concretezza ineludibile; c’è una vocazione e una missione personalissima nella croce che sono chiamato a sposare.

Ogni giorno. Gesù non cerca “eroi di un giorno solo”; chiede costanza. Ogni giorno sposare la propria croce, ogni giorno attendere da Dio la risurrezione. E’ difficile, ma la testimonianza dei santi ci conferma che solo questa è la sequela d Gesù.

Mons. Accrocca ha voluto ricordare alcune delle croci che Francesco ha preso, ogni giorno. Proprio nei mesi trascorsi qui, a San Damiano, si consuma il suo dramma familiare, il conflitto col padre Pietro di Bernardone, che arriva a denunciarlo e maledirlo; il dolore di Francesco è così profondo, che egli chiede a un mendicante della città di benedirlo ogniqualvolta il padre lo maledice. Negli stessi mesi, Francesco mendica per le vie della città in cui prima sfoggiava le sua ricchezza; ed è celebre l’episodio in cui, intravedendo alcuni che giocano nell’osteria, si vergogna di chiedere loro l’elemosina, e passa oltre: sono i suoi “amici” di un tempo, i compagni delle sue “notti brave”? Poi si pente, torna indietro, e coraggiosamente entra nell’osteria.

Ma anche quando nascerà la fraternitas, Francesco conoscerà la croce delle incomprensioni e dei conflitti; e, ancora, la grande tentazione degli ultimi anni, cui accennano con pudore gli agiografi, una tentazione che include sintomi francamente depressivi.

L’Arcivescovo ha poi ricordato due croci che Chiara ha preso ogni ogni giorno. La prima, quella della lunga infermità che l’ha accompagnata per oltre 25 anni. Già nel 1226 le sue condizioni d salute sono così precarie che Chiara teme di morire prima di Francesco! Eppure non troviamo traccia di questa infermità negli Scritti della Santa; quasi non se ne cura, e certo la malattia non ostacola il suo cammino attraverso innumerevoli difficoltà. La seconda croce che Chiara ha preso ogni giorno è stata la lotta per l’approvazione della Regola; un’approvazione che Chiara riuscirà ad ottenere solo il 9 agosto 1253, due giorni prima della propria morte.

Infine, mons. Accrocca ci ha invitato a guardare il Crocifisso, e a riconoscervi, secondo la tradizione medievale esemplificata nell’inno Vexilla regis, una bilancia. Le braccia distese del Cristo diventano i bracci di una bilancia, che ci pesa, pesa le nostre vite, le nostre scelte; l’occhio sinistro del Cristo, un poco più sollevato del destro, è come l’ago della bilancia: ci guarda e ci giudica. Ma ci giudica col cuore di chi ha condiviso in tutto le nostre miserie, di chi conosce la nostra condizione dal di dentro. Perciò, ha concluso il celebrante, presentiamoci a Lui con fiducia: alla sera della nostra vita, non solo saremo giudicati sull’amore; sappiamo con certezza che saremo giudicati dall’Amore.

Fonte: AssisiOFM.it