Visita di Papa Francesco oggi pomeriggio alla Porziuncola, in occasione dell’ottavo centenario del “Perdono di Assisi”. Il nostro inviato Federico Piana ha intervistato il vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino:

R. – Nessuno avrebbe potuto prevedere che l’VIII centenario dell’Indulgenza della Porziuncola, che sottolinea appunto la dimensione della misericordia, cadesse in un anno tutto dedicato alla misericordia. Credo che anche questa coincidenza abbia spinto il Papa a venire: sente la bellezza di un messaggio partito 800 anni fa ad Assisi; lui, Papa che ha preso il nome di Francesco, sente questa coincidenza bella e profonda con quanto lo Spirito Santo gli ha ispirato nell’invitare tutta la Chiesa a fare della misericordia la dimensione privilegiata della sua esistenza, del suo cammino. E credo che Francesco d’Assisi abbia molto da dire, in questo orizzonte; e Papa Francesco lo vuole evidenziare: è qui per questo.

D. – 800 anni dall’Indulgenza: lei per questo ha scritto una Lettera pastorale, “Perdono di Assisi, cammino di Chiesa”. Perché questa scelta di dedicare una Lettera pastorale?

R. – Perché è un evento per noi di particolare importanza come Chiesa di Assisi, ma è anche l’occasione buona per dire una parola illuminante su una dimensione che oggi non sempre è compresa. Quando si parla dell’Indulgenza, talvolta non si sa più di che cosa veramente si tratti. Ho voluto, con parole semplici, spiegarlo a tutti e l’ho spiegato in questa maniera: noi siamo destinatari della misericordia di Dio, che arriva a noi in diversi modi e direi anche in diverse tappe. C’è la misericordia fondamentale, che è il perdono dei nostri peccati: pensiamo alla Parabola del Figliol prodigo. Il figlio torna a casa e trova l’abbraccio e il bacio del Padre: questo è il Dio misericordioso che perdona il nostro peccato. Ma il peccato ha anche un’altra dimensione, della quale facciamo esperienza ma alla quale non sempre poniamo mente, e cioè: è una malattia dello Spirito, perché ogni volta che pecchiamo ci allontaniamo, oltre che da Dio, da noi stessi, ci allontaniamo dagli altri, si generano in noi delle ferite, ferite che possono essere anche cicatrizzate ma tante volte, come viene la malattia, devono essere anche ulteriormente curate, tenute sotto controllo … Ecco, tutto questo nella nomenclatura classica della teologica veniva e viene chiamato come la realtà delle pene temporali, che talvolta vengono intese come se ci fosse un Dio che dall’esterno ci attribuisce delle pene per farci scontare i nostri peccati.

D. – E invece oggi …

D. – Oggi, l’approfondimento teologico che è stato anche ripreso dal Magistero, ad esempio dal Catechismo della Chiesa cattolica, ci aiuta a capire che la pena del peccato è frutto del peccato stesso. Il peccato porta la pena di se stesso, perché ogni volta che pecchiamo ci facciamo del male, ci sentiamo male e in noi si generano dei processi, dei dinamismi che poi ci spingono a peccare ulteriormente a peccare e questo naturalmente ci allontana da Dio, rende inquieti noi stessi, genera la frattura con gli altri … Ecco, è una realtà molto penosa che va curata o guarita. E per tutto questo c’è bisogno dell’impegno personale, ovviamente; ma senza una particolare grazia del Signore non ce la faremmo. E questa è la grazia che l’Indulgenza ci garantisce per l’intercessione efficace della Chiesa, che fa perno sulla sua implorazione al Padre sui meriti infiniti di Cristo, sui meriti dei Santi che da Lui scaturiscono e con quella autorevolezza sponsale e materna insieme, chiede al Signore – come appunto fece San Francesco – chiede al Signore quella grazia speciale che possa aiutare ciascuno di noi a lasciarsi curare davvero dalle sue ferite, dalle sue piaghe e a diventare in sostanza bello dentro, perché in una figliolanza di Dio che ritorna splendida, ritorna capace di governare le nostre passioni, le nostre fatiche interiori e in questo senso ci procura la gioia interiore, quella che Francesco chiamava “il paradiso”, che non è soltanto il paradiso dell’aldilà: il paradiso, per un cristiano, incomincia anche nell’“aldiquà”, perché è Dio stesso in noi. E più il nostro cuore si apre a Lui, più noi facciamo esperienza di paradiso, sentiamo la bellezza di quell’espressione colorita che Francesco disse: “Voglio mandarvi tutti in paradiso”. Ecco, vuole mandarci tutti, Francesco, nella gioia di Dio, ma questa gioia richiede un risanamento del nostro spirito, l’Indulgenza e la grazia che ci consentono appunto questo processo di guarigione.

fonte: Avvenire