Don Valentino Porcile, parroco a Genova, lancia la proposta su Facebook: «Spegniamolo almeno due ore al giorno per avere il tempo di guardarsi negli occhi, parlarsi o dedicare tempo a chi è meno fortunato di noi. Troppo facile il digiuno dal cibo. Mi piace molto l’idea di vedere Gesù che mi prende l’iPhone, me lo butta nel lago di Tiberiade, e mi dice: “Lascia le tue reti wireless, e seguimi”»

Per lanciare la sua originale proposta di Quaresima don Valentino Porcile ha scelto il pulpito di Facebook. Con un post pubblicato sul suo profilo venerdì scorso il parroco della chiesa della SS. Annunziata di Sturla, quartiere del Levante di Genova, ha proposto un digiuno da WhatsApp come penitenza per prepararsi alla Pasqua. «Altro che digiuno dal cibo. Altro che astinenza dalle carni», scrive don Porcile, «troppo facile ragazzi. Mi piace molto l’idea di vedere Gesù che mi prende l’iPhone, me lo butta nel lago di Tiberiade, e mi dice: “Lascia le tue reti wireless, e seguimi”».

«LASCIATE LE “RETI” COME GLI APOSTOLI. SENTITEVI PERSI, SPEGNETE WHATSAPP E RISCOPRITE LE RELAZIONI VERE»

Proprio sulle rive di quel lago, Gesù, secondo il racconto del Vangelo di Luca, scelse alcuni dei suoi discepoli: Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo e suo fratello Giovanni, questi ultimi figli di Zebedeo, chiamati da Gesù mentre riassettavano le reti. Secondo don Valentino, il digiuno da WhatsApp che ha proposto a ragazzi, genitori e anche a se stesso, non ha solo un significato penitenziale: «È divertente», nota, «spegnere WhatsApp e sentirsi persi. Perdutamente smarriti. Dipendenti da una comunicazione virtuale. Propongo di occupare il tempo in cui whatsapp sarà spento, un tempo drammaticamente lungo, propongo di occuparlo con relazioni vere, autentiche, non finte e virtuali. Due ore di chiacchere. Di guardarsi negli occhi. Semplicemente, di parlarsi. O di dedicare questo tempo a chi è meno fortunato di noi. Solo il pensiero di rimanere senza cell, anche per poco tempo, ci fa mancare il respiro?».

In pratica, la proposta del parroco è quello di non utilizzare la celebre app tutto il giorno, “spegnendola” per almeno due ore.La proposta ha scatenato un acceso dibattito tra favorevoli e contrari tanto da spingere il parroco di Sturla, un po’ stupito («non credevo che la mia proposta facesse parlare così tanto») a tornare sull’argomento, sempre su Facebook, con un altro post:

La proposta di chiudere whatsapp per due ore al giorno. Una proposta che sta facendo parlare (sinceramente non credevo così tanto).. E che fa anche chiedere perchè. E fa chiedere in che senso questo può essere “digiuno”.

E allora rispondo.

Rispondo innanzitutto dicendo che gli strumenti di comunicazione sono utili. Uso whatsapp tutti i giorni e lo ritengo utilissimo. Tra l’altro, ogni domenica mattina lo uso per far arrivare una preghiera ad oltre mille persone. Più di trecentocinquanta famiglie hanno chiesto di ricevere ogni sera in quaresima una preghiera, per pregare in casa. Uno strumento non da “chiudere” o eliminare”.

A chi mi domanda: “Ma allora, perchè spegnerlo?”, rispondo: riesci a starne senza? Riesci a spegnerlo? Riesci mentre è spento a non essere ossessionato da chi ti scriverà, da chi non ti trova, da quelle che tu ritieni relazioni e che invece, in realtà, sono contatti a volte molto superficiali? Riesci a metterci a cena senza guardarlo? Riesci ad ascoltare chi ti parla rimanendo centrato lì?

La vera dipendenza non è tanto, a mio parere, nel restarci attaccati continuamente. La vera dipendenza è non riuscire a starne senza. E spegnere “questo” modo di comunicare, per scoprire l’unico modo autentico di comunicare che è il contatto personale, questa è la vera sfida con se stessi.

C’è un dato (che è statistico, non inventato). I ragazzi che usano internet sono passati da poco più del 7% nel 2001 a quasi il 97% nel 2014. A fronte di questo, la percentuale dei ragazzi che hanno qualcosa dentro di cui vorrebbero parlare ma non riescono a farlo con nessuno, è passata dal 32% al 47%. Da uno su tre a quasi uno su due.

Aumentano i contatti, eppure aumentano le sacche di solitudine. E non solo tra i ragazzi.

La vera sfida non è spegnere un cell. La vera sfida è ritrovare modi autentici e veri di comunicare.

Quello che deve far pensare è che soltanto spegnendo qualcosa riusciamo ad accenderne altre. E quello che deve far pensare ancora di più, è quando non riusciamo a spegnere. Quando ti manca il fiato se lo fai.

Socrate entrando in un mercato diceva: “Incredibile, quante sono le cose di cui riesco a farne a meno e a vivere ugualmente bene“.

Provaci a spegnerlo. Ti accorgerai se davvero non è un ‘problema’ rimanerne senza.

Ma se lo è………

fonte: Famiglia Cristiana e Facebook