San Luigi Orione, sacerdote

Liturgia della Parola

Is 65,17-21; Sal 29; Gv 4,43-54

La Parola del Signore

…è ascoltata

In quel tempo, Gesù partì di là per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa. Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

…è meditata

La bellissima pagina di Vangelo ci aiuta a capire in quale rapporto Gesù si metta con il credente per aiutarlo a compiere il suo cammino di fede. Egli sa, infatti, che un miracolo soltanto ammirato, non suscita la fede, e una curiosità soddisfatta può permettere al cuore dell’uomo di ritornare alla sua indifferenza.
Ma il funzionario regale, padre del figlio malato, non è soltanto un uomo curioso, come probabilmente erano molti di coloro che assistevano a quel dialogo; è un padre che ha un figlio malato, e pone di fronte a Gesù un problema molto più profondo, un problema esistenziale, una sofferenza genuina, sincera, senza condizioni. Il funzionario del re – dice Giovanni – insistette: «Signore. scendi prima che il mio bambino muoia». Ed ecco che l’atteggiamento di Gesù cambia: come era pronto a resistere alla vana curiosità, subito apre il cuore dinanzi alla schiettezza di un vero sentimento umano. Non c’è ancora fede in questo uomo, c’è soltanto l’immensa ansia per il suo bambino che muore. Ma questa ansia è un sentimento così grande nel cuore di un padre, che Dio si muove, agisce, fa tutto ciò che gli è chiesto di fare.
Gesù, dunque, accetta di guarire. Tuttavia, ecco la delicatezza del Dio che vuole completamente salvarci e non si accontenta di soddisfare il desiderio di questo padre, di placare la sua ansia e di mettere la gioia al posto del dolore: egli vuole mettere fede in questo cuore e, perciò, nell’atto stesso di concedere il beneficio, chiede fede. Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Dobbiamo ammettere che ci voleva fede per credere che, sulla parola di questo profeta, il figlio fosse guarito. Quell’uomo credette – nota Giovanni – e si mise in cammino. Mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: «Tuo figlio vive!».
Allora credette lui con tutta la sua famiglia.
L’itinerario è finito. L’incontro dell’uomo con Dio si è concluso proprio nel modo in cui Dio voleva che si concludesse: con la salvezza dell’uomo mediante la fede. Ci troviamo dunque, come accade molto spesso nell’impostazione dell’evangelista Giovanni, dinanzi a un episodio che in realtà diventa un modello di comportamento per tutti noi. Avvicinarsi a Dio spinti da vani sentimenti, non è un avvicinarsi. Dio non si accosta a chi non va a lui con il cuoreaperto.
Avvicinarsi a Dio con la ricchezza del nostro dramma umano, sotto lo stimolo del nostro dolore, della nostra ansia, della nostra miseria, della nostra fragilità: questo conquista Dio. Egli, che è venuto per i poveri, tuttavia non si accontenta di sollevarci dalle nostre sofferenze, ma ci arricchisce della sua luce e della sua vita.
Possa il Signore trovarci sempre in movimento su questo cammino, animati da un desiderio sempre acceso di Lui. Vegliamo su questo desiderio, ravviviamolo nella contemplazione di fede e nella preghiera; chiediamo che cresca senza misura.

…è pregata

Signore Gesù,
ti rivolgo anch’io la preghiera evangelica:
«Di’ una sola parola e l’anima mia sarà salva!».
Con la tua Parola hai restituito
e continui a restituire la gioia e la vita a tante persone.
La tua esistenza è una parola d’amore
per chi l’ascolta e l’accoglie.
Fa’ che ogni giorno
io sappia dedicare a essa un tempo adeguato di ascolto attento,
per trasformarla in preghiera,
per sperimentare la tua promessa:
«Chi ascolta la mia parola, passa dalla morte alla vita».
Suscita in me ogni giorno il desiderio
di ascoltare la tua parola di amico,
perché viva come tuo discepolo.
Amen.

…mi impegna

Nella preghiera oggi esaminerò con il Signore il mio atteggiamento di fronte alla sua Parola, per verificare quanto tempo le dedico, come la ascolto, con quale impegno la metto in pratica.