Il Pontefice nella prima udienza generale dell’anno introduce la preghiera del Padre nostro spiegando che Dio non ha bisogno di tante parole, ma di cuori aperti che non odino gli altri. Non si può andare in chiesa tutti i giorni e sparlare di tutti.

Nella prima catechesi dell’anno, in aula Paolo VI, papa Francesco prosegue la catechesi di spiegazione del Padre nostro. Parla del Vangelo di Matteo e ricorda che il Padre nostro si colloca in una scena ben precisa, quella del discorso della montagna. Questo perché è in questo discorso che «Gesù condensa gli aspetti fondamentali del suo messaggio. L’esordio è come un arco decorato a festa: le Beatitudini. Gesù incorona di felicità una serie di categorie di persone che nel suo tempo – ma anche nel nostro! – non erano molto considerate. Beati i poveri, i miti, i misericordiosi, le persone umili di cuore… È la rivoluzione del Vangelo. Dove c’è il Vangelo c’è rivoluzione, il Vangelo ci spinge, è rivoluzionario». Bergoglio spiega che «Tutte le persone capaci di amore, gli operatori di pace che fino ad allora erano finiti ai margini della storia, sono invece i costruttori del Regno di Dio. È come se Gesù dicesse: avanti voi che portate nel cuore il mistero di un Dio che ha rivelato la sua onnipotenza nell’amore e nel perdono!».

Non si tratta di abolire la Legge, dice ancora il Papa, ma di interpretarla in modo nuovo per riscoprire il suo senso originario. «Se una persona ha il cuore buono, predisposto all’amore, allora comprende che ogni parola di Dio deve essere incarnata fino alle sue ultime conseguenze. L’amore non ha confini: si può amare il proprio coniuge, il proprio amico e perfino il proprio nemico con una prospettiva del tutto nuova: “Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”».

Ecco il segreto del discorso della montagna: «Siate figli del Padre vostro che è nei cieli». Il cristiano, dice ancora Francesco, «non è uno che si impegna a essere più buono degli altri: sa di essere peccatore come tutti. Il cristiano semplicemente è l’uomo che sosta davanti al nuovo Roveto Ardente, alla rivelazione di un Dio che non porta l’enigma di un nome impronunciabile, ma che chiede ai suoi figli di invocarlo con il nome di “Padre”, di lasciarsi rinnovare dalla sua potenza e di riflettere un raggio della sua bontà per questo mondo così assetato di bene, così in attesa di belle notizie».

E, nell’introdurre «l’insegnamento della preghiera del “Padre nostro”» Gesù prende «le distanze da due gruppi del suo tempo. Anzitutto gli ipocriti: “Non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente”». Il Papa parla delle persone che sono capaci «di tessere preghiere atee, senza Dio: lo fanno per essere ammirati dagli uomini. E quante volte noi vediamo lo scandalo di quelle persone che vanno in chiesa e stanno tutta la giornata lì o vanno tutti i giorni e poi vivono odiando gli altri o parlando male della gente. Questo è uno scandalo, meglio non andare in chiesa, vivere come ateo, ma se vai in chiesa vivi come figlio, come fratello, dai una testimonianza non una contro testimonianza.  La preghiera cristiana, invece, non ha altro testimone credibile che la propria coscienza, dove si intreccia intensissimo un continuo dialogo con il Padre».

La seconda categoria da cui prendere le distanze è quella dei pagani. «Non sprecate parole […]: essi credono di venire ascoltati a forza di parole»,  ricorda il Papa citando Matteo. «Qui forse Gesù allude a quella “captatio benevolentiae” che era la necessaria premessa di tante preghiere antiche: la divinità doveva essere in qualche modo ammansita da una lunga serie di lodi. Anche di preghiera, pensiamo a quella scena del monte Carmelo quando il profeta Elia si trova con i sacerdoti di bahal. Lloro gridavano, ballavano, chiedevano tante cose perché il loro dio li ascoltasse, invece Elia stava zitto e il Signore si rivelò a Elia. I pagani pensano che parlando parlando parlando si prega. E penso a tanti cristiani che parlano a Dio,s cusate se lo dico, come un pappagallo, no pregare si fa dal cuore, da dentro».

Infine papa Francesco sottolinea che «potrebbe essere anche una preghiera silenziosa, il “Padre nostro”: basta in fondo mettersi sotto lo sguardo di Dio, ricordarsi del suo amore di Padre, e questo è sufficiente per essere esauditi.  È  bello pensare che il nostro Dio non ha bisogno di sacrifici per conquistare il suo favore! Non ha bisogno di niente, il nostro Dio: nella preghiera chiede solo che noi teniamo aperto un canale di comunicazione con Lui per scoprirci sempre suoi figli amatissimi. E lui ci ama tanto».

fonte: Famiglia Cristiana