Liturgia della Parola

Es 32,7-14; Sal 105; Gv 5,31-47

La Parola del Signore

…è ascoltata

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera; ma c’è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace. Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché possiate salvarvi. Egli era una lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto, e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza. Ma voi non volete venire a me per avere la vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma io vi conosco e so che non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste. E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo? Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c’è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza. Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

…è meditata

“Vi accusa Mosè nel quale avete posto la vostra speranza”. Con il brano evangelico letto oggi, si conclude il discorso di rivelazione pronunziato da Gesù, in collegamento con la guarigione del paralitico da lui operata a Gerusalemme, presso la porta delle pecore. Nelle parole che precedono il nostro brano e che abbiamo letto ieri nella liturgia, Gesù aveva rivendicato la sua autorità di Figlio di Dio, avendo ricevuto dal Padre la doppia qualifica di datore di vita e di giudice del mondo. Supponendo però che i suoi avversari gli volessero chiedere su quali testimonianze egli appoggiasse le sue pretese, la risposta di Gesù parte da lontano, diventa poi pressante e si conclude con accuse dirette alla loro colpevole incredulità. Gesù comincia con l’accettare il principio giuridico che non ha valore la testimonianza in proprio favore. Richiama appena la testimonianza a lui favorevole, resagli da Giovanni Battista. Si appella quindi alle opere che il Padre gli ha dato da compiere, quelle stesse che sta facendo (allusione alla guarigione appena compiuta). Dietro queste parole di Gesù c’è sicuramente il richiamo dell’insegnamento profetico, nel quale si respingono le pratiche religiose (l’osservanza del digiuno o delle feste o del Sabato) di chi trascura l’osservanza della giustizia e l’aiuto da dare al prossimo bisognoso. La protesta dei Giudei contro quella guarigione dimostra che essi non danno ascolto ai messaggi profetici, che hanno parlato a nome di Dio. Con piena coerenza logica, Gesù conclude le sue parole, accusando i suoi avversari di non avere in loro la parola di Dio e di non riconoscere che le Scritture parlano di lui, che le sta portando a compimento. Precisamente con l’affermazione che tutto il Vecchio Testamento parla di Gesù e che egli è il compimento di tutte le Scritture, si conclude il suo discorso che accompagna il miracolo del paralitico guarito a Gerusalemme.

…è pregata

O Padre, che ci hai dato la grazia di purificarci con la penitenza e di santificarci con le opere di carità fraterna, fa’ che camminiamo fedelmente nella via dei tuoi precetti, per giungere rinnovati alle feste pasquali. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

…mi impegna

Oggi farò tutto a gloria di Dio.