
Halloween non fa più notizia. È un dato di fatto, anche in Italia. Come se ci fosse sempre stata. Invece è comparsa, almeno come fenomeno di costume, non più di sette anni fa. Ma nessuno si chiede più perché ragnatele, zucche e teschi invadano le vetrine di ogni genere di negozi a fine ottobre. «In fondo si tratta solo di una festa innocua», è la risposta che ci diamo. A fare una ricerca in libreria non si trova nulla che racconti la storia di questa festa. In compenso, però, si scopre che dal 2001 si pubblicano un numero incredibile di libri per bambini.
Damien Le Guay, filosofo e critico letterario, denuncia la situazione nel libro: La faccia nascosta di Halloween. Come la festa della zucca ha sconfitto Tutti i santi (Elledici 2004, pp. 127, € 8,00). In Francia, nota Le Guay, Halloween si è imposta senza colpo ferire in appena tre anni e una vittoria così rapida non s’improvvisa: «Halloween è una festa artificiale: fu premeditata, non spontanea; è stata venduta, progettata, lanciata come un prodotto di largo consumo» (p. 87). Dietro, infatti, c’era l’abile strategia di «Marketing» del gruppo Masport-César, azienda specializzata in maschere e costumi. La produzione nazionale di zucche aumentava vertiginosamente.
Una volta consolidato questo nuovo settore del mercato in Europa, ecco farsi avanti anche i colossi statunitensi: McDonalds, Disney e Coca-Cola.
Non solo marketing
Un ruolo chiave, però, lo avevano svolto i mass media, divenuti i principali promotori del nuovo fenomeno sociale. Immediata la risposta di ristoranti e discoteche, che improvvisano seduta stante party di Halloween e menù a base di zucca. Ma se si tratta soltanto di soldi spillati ai gonzi, perché preoccuparsi? Damien Le Guay, infuocato da un sarcasmo degno di Leon Bloy, elenca una serie di motivi che fanno riflettere.
1) Per prima cosa, denuncia la compiacente passività che vige ormai in ogni strato sociale: in nome del precetto del divertimento, spesso troppo simile all’alienazione, si abbraccia acriticamente ogni cosa. Anche i cristiani non amano più farsi troppe domande su quello che succede.
2) Il secondo aspetto preoccupante è lo svilimento della solennità di Tutti i santi e della commemorazione di tutti i fedeli defunti. Halloween s’insinua in un vuoto di disaffezione e, insieme a Babbo Natale e ferragosto, consolida quel calendario «post-cristiano» di feste ridotte a nuda esteriorità. Proprio come le sue zucche, sgargianti ma vuote, Halloween «manifesta tutta la "pericolosità" dell’ideologia moderna delle feste: le idee sono scomparse, rimane solo la pratica festiva. Una sorta di pratica senza teoria, di azione senza ragione, di realizzazioni senza responsabili, di battaglia senza un avversario identificabile» (p. 54).
Il ruolo dell’immaginazione
3) Terzo motivo: «L’aspetto più desolante della festa di Halloween è la sua povertà spirituale e il pericolo simbolico che costituisce» (p. 119). Le Guay parla a proposito di «povertà spirituale» perché questo revival europeo di Halloween è svincolato da tutti i significati che aveva ricevuto nei secoli precedenti mischia nel suo calderone simboli celtici e cristiani, folklore statunitense, fascinazioni occultiste e psicologia spicciola per venire incontro a ogni prurigine esoterica. Ma tutto è riproposto come maschera e burla, anche la paura della morte. Perché è proprio la realtà della morte, forzosamente nascosta per tutto il resto dell’anno, a essere esorcizzata in un ambiguo rito collettivo, quasi una festa dell’eterna giovinezza che relega nelle case gli anziani.
4) Altro motivo di preoccupazione è che dietro la mascherata della stregoneria e del diabolico, si cela un fenomeno in drammatica crescita: «Presentare Halloween come un rito pagano è eccessivo; sarebbe menzognero non riconoscere in essa numerosi e vari aspetti presi in prestito dal paganesimo e dalla stregoneria» (p.38).
5) Ultima ragione su cui interrogarsi è che Halloween è una festa indirizzata ai bambini. Tocca la loro immaginazione e inculca in loro un insieme di simboli legati ad una certa idea – per nulla cristiana- dell’aldilà.
Quelle di Le Guay sono riflessioni che vale la pena considerare, quanto meno perché sono domande – critiche che risvegliano l’attenzione – dalla presunta «inevitabilità» di Halloween.
Quale atteggiamento avere davanti a un fenomeno che si espande anno dopo anno? Limitarsi a un confronto muscolare è di sicuro controproducente, anche perché Halloween sembra essere fatta apposta per provocare una beffarda «caccia alle streghe». A ben vedere, inoltre, Halloween evidenzia un nervo scoperto della società contemporanea: l’incapacità collettiva di affrontare il problema della morte.
Occorre promuovere, innanzi tutto, una serie di atteggiamenti positivi e propositivi che per il cristiano significano testimonianza. Un primo passo è quello della conoscenza e dell’informazione per vivere consapevolmente questi veri e propri segni dei tempi. La repentina imposizione di un fenomeno di massa come Halloween non può passare sotto l’attenzione di tutti come se nulla fosse, a meno che non si sia sprofondati nella rassegnazione. Bisogna avere il coraggio di farsi delle domande, ma anche di farle: pro-vate a domandare che cosa si festeggia ad Halloween, o perché la si festeggia in Italia: otterrete le più varie, balbettanti risposte.
L’ultima attenzione pastorale da attuare è quella verso i bambini, proprio perché Halloween ne fa i suoi involontari protagonisti. Qui il ruolo dei genitori diventa insostituibile: per quanto insegnanti o catechisti possano aiutarli, è loro compito accompagnare gradualmente i figli verso una presa di coscienza pacifica, ma senza veli, con il mistero della morte. Una modalità é certamente la visita ai propri cari al cimitero, raccontando le loro vite ai ragazzi se non li hanno conosciuti, magari con l’aiuto delle loro fotografie.
Insegnare a pregare per i defunti con serena confidenza è la via migliore per sviluppare una visione cristiana dell’aldilà, vitale, sentita, integrata anche a livello affettivo. Da incoraggiare, infine, il rapporto dei bambini con gli anziani e i nonni in modo speciale.