Un giorno, in una valle lontana, cominciò a piovere, e piovve tanto che tutta la campagna fu inondata. Ancora un po’ e solo le montagne sarebbero spuntate dall’acqua, che saliva, saliva sempre…
A un tratto si udì qualcuno che piangeva. Era una tartaruga: la più lenta, la più sciocca del mondo,
«Perché piangi?», gracchiò un’oca che volava sopra di lei.
«Affogherò!», singhiozzò la tartaruga. «Per te è facile, tu puoi volare. Ma le mie gambe son cosi corte, che mi ci vorrà un mese per arrivare sulle montagne!».
«Quante storie!», tagliò corto l’oca. «Vado a chiamare mia sorella e ti porteremo noi sulle montagne».
Quando le due oche tornarono, l’acqua arrivava già al collo della tartaruga. Si abbassarono, portando nel becco un ramo. La tartaruga vi si afferrò con la bocca e le oche la sollevarono con un gran sbattere d’ali.
Volarono così sopra le acque, in direzione delle montagne, dove la tribù delle tartarughe si era già radunata.
Infatti, le altre tartarughe, meno sciocche, si erano subito dirette sui monti non appena avevano  visto l’acqua salire. Ma erano comunque molto felici nel vedere i due uccelli portare in salvo la più lenta, la più sciocca tra loro.
Lanciarono alte grida di evviva e cantarono in coro per festeggiare i due volatili.
«Viva viva e poi urrà. Su cantiamo tutte in coro. Per le oche salvatrici!”
Ma mentre era ancora in volo, la più lenta, la più sciocca delle tartarughe non poté fare a meno di unirsi al coro.
Apri la bocca e cantò:
«… Hip hip hip e poi urrà… AAAAAAH!!!>.

Imparare a controllare la propria bocca non è cosa da poco.
Alla tartaruga sciocca costò la vita.
 «Ciò che esce dalla bocca viene dal cuore dell’uomo e per questo può renderlo impuro», dice Gesù (Vangelo di Matteo, 1,18).

[Bruno Ferrero]