Di questa “Passeggiata francescana” è autrice una poetessa abbastanza nota nel secondo Ottocento e nel secolo scorso: Vittoria Aganoor Pompilij.
L’ Aganoor nacque a Padova nel 1855 e morì a Roma nel 1910. Apparteneva per parte di padre ad una nobile famiglia armena. Allieva di Giacomo Zanella e poi di Enrico Nencioni, ricercò soluzioni letterarie in cui risolvere un autobiografismo intimistico di natura romantica. Nella sua prima raccolta di versi, Leggenda eterna, cantò il suo amore per il poeta Domenico Gnoli. Dopo il 1901, in cui aveva sposato Guido Pompilij, trovò serena ispirazione per la sua seconda raccolta di poesie, Nuove liriche, pubblicata nel 1908. Nel 1967 è stato pubblicato l’epistolario che tenne con lo Gnoli.
    Ci imbattemmo qualche anno fa in questa sua bella e suggestiva lirica su San Francesco leggendo l’ampio capitolo “Antologia poetica del secondo Ottocento” che si trova nella classica Storia della letteratura italiana di Francesco Flora (Mondatori, 5, Verona 1966, p. 277). A proposito di essa il noto critico, gloria di Colle Sannita, scriveva: “Era in Vittoria Aganoor… una tendenza a rappresentare il reale come in un trasfigurato desiderio (anche se talvolta fu passione di dolore): e perciò spontanea è in lei la raffigurazione di un San Francesco che trasmuta la greve realtà”.
Ammirati delle due strofe (1,3) riportate, andammo a ricercarne l’intero componimento nelle Poesie complete dell’Aganoor, curate e introdotte da Lorenzo Grilli (Le Monnier, Firenze, 1912, 1927 3.a, p. 285). E qui lo riproporremo.
Ma prima di leggere questa “Passeggiata francescana”, dedicata dall’Aganoor a Jeanne Barrère, potrebbe riuscire utile andare a rileggere la pagina che descrive un’altra “passeggiata” del Santo, quella famosissima che s’incontra nel fioretto “della pazienza dove è perfetta letizia”: VIII. Come andando per cammino santo Francesco e frate Leone, gli spuose quelle cose che sono perfetta letizia. (Cfr. Fonti Francescane, I, I Fioretti di San Francesco, pp. 1471-1473).
“Il capitolo… (senza dubbio il più bello dei Fioretti) presenta la perfetta letizia non come un dono ineffabile del Cielo ma come una conquista graduale dell’animo. La perfetta letizia non deriva dal possesso della sapienza, oppure dalla capacità di compiere ogni miracolo, o di convertire a Cristo tutti gli infedeli; la perfetta letizia deriva dalla sopportazione sempre più serena e paziente del dolore, dalla capacità di accogliere lietamente i maltrattamenti e le afflizioni. Il motivo, di per sé dottrinale, esortatorio, è risolto tutto nella vivacità di un dialogo, in un racconto immerso nell’atmosfera gelida e fangosa di un lungo cammino invernale. E il capitolo assume un tale ritmo (scandito, quasi di ballata musicale), si suddivide in un tale alternarsi di strofe, che non è possibile considerare le pagine come il frutto involontario ed ingenuo di un compilatore inesperto” (Angelo Gianni, Storia e antologia della letteratura italiana, I, D’Anna, Messina-Firenze 1993, p. 729-30).    
Ricordiamo qui solo il famoso incipit del fioretto, lasciando ai lettori la curiosità della ricerca e il piacere della lettura intera.
“Venendo una volta santo Francesco da Perugia a santa Maria degli Angioli con frate Lione a tempo di verno, e ‘l freddo grandissimo fortemente il crucciava, chiamò frate Lione, il quale andava innanzi, e disse così: “Frate Lione, avvegnadiochè li frati Minori in ogni terra dieno grande esempio di santità e buona edificazione; nientedimeno scrivi e nota diligentemente che non è quivi perfetta letizia”…
Guardiamo invece ora, nella nostra poesia, come San Francesco “trasmuta la greve realtà”. Tre volte l’interlocutore ne nota gli aspetti pesanti, anche ripugnanti, nei quali ci si trova ad essere: ma altrettante il santo, ignorandoli, contrappone ad essi sensazioni e visioni di letificante bellezza, fino all’invito a sollevare gli occhi dal fango così da poter vedere “fiorire nei celesti orti le stelle”.
Ed ascoltarne l’invito, almeno di tanto in tanto, farebbe bene anche a noi, così immersi in un mondo quasi ossessivamente rivolto agli aspetti materiali e corporali, ma non certo altrettanto attento alle esigenze dell’anima e ai valori dello spirito.
Metrica: Tre quartine di endecasillabi piani in rima alterna: ABAB, CDCD, EFEF. 

  Passeggiata Francescana

 
– Santo Francesco, un triste parmi udire
fischiar di serpi sotto gli arboscelli.
– “Io non odo che il placido stormire
della pineta e l’inno degli uccelli”.
 
– Santo Francesco, vien per la silvestre
via, dallo stagno, un alito che pute.
– “Io sento odor di timo e di ginestre;
io bevo aria di gioia e di salute”.
 
– Santo Francesco, qui si affonda, e ormai
vien la sera e siam lungi dalle celle.
– “Leva gli occhi dal fango, uomo, e vedrai
fiorire nei celesti orti le stelle”.
 

Vittoria Aganoor (1855 – 1910)