La speranza cristiana non è pia finzione che tutto vada bene. Il rapporto con Dio può essere lamentela e lotta. Da Padre qual è, Dio comprende l’insistenza dei figli. E non delude. Nell’udienza di stamani, in Aula Paolo VIpapa Francesco ha proseguito il ciclo di catechesi dedicato alla speranza. In particolare ha preso spunto dal brano del libro della Genesi su Abramo e sulla promessa di Dio di dargli numerosa discendenza, per quanto lui fosse anziano e la moglie sterile.

Sperare contro ogni speranza

Il Papa ha esordito citando san Paolo, che nella Lettera ai Romani “ci ricorda Abramo per indicarci la via della fede e della speranza”: “Egli credette saldo nella speranza contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli”. Sperare contro ogni speranza: “è duro questo”, osserva Francesco, “è forte: non c’è speranza ma io spero”. San Paolo, spiega il Papa, si riferisce alla fede con cui Abramo credeva alla parola di Dio. “Non c’era speranza umana perché lui era anziano e la moglie sterile, ma lui credette”. Confidando nella promessa di Dio, Abramo accetta di mettersi in cammino, di lasciare la sua terra ed essere uno straniero. “Abramo crede”. La sua fede si apre a una speranza “in apparenza irragionevole”. Questa speranza cristiana è la capacità di andare al di là della saggezza e della prudenza del mondo, di ciò che è ritenuto buonsenso, “per credere nell’impossibile“.

Lamentarsi con Dio è un modo di pregare

La speranza cristiana apre nuovi orizzonti, “rende capaci di sognare ciò che non è neppure immaginabile”. Ma non dà certezze. Proprio in quanto essa appare irragionevole, stando ai criteri umani, “fa entrare nel buio di un futuro incerto” che consentirà poi di camminare nella luce. “È bella, la virtù della speranza”, nota Francesco, “e ci dà tanta forza per andare nella vita”. Per Abramo arriva il momento dello sconforto: il tempo passa ma il figlio non arriva. Abramo si lamenta col Signore. “E questo impariamolo dal nostro padre Abramo: lamentarsi col Signore è un modo di pregare” ricorda il Papa. Aggiungendo a braccio: “A volte sento, quando confesso: ‘mi sono lamentato col Signore’. Lamentati: lui è Padre e questo è un modo di pregare”.

Fede è anche lottare con Dio

Ma proprio quando Abramo si lamentava gli fu rivolta questa parola del Signore: uno nato da te sarà tuo erede. Poi il Signore lo fece uscire fuori e gli disse: guarda in cielo, conta le stelle, tale sarà la tua discendenza. E Abramo un’altra volta credette. “La scena si svolge di notte: fuori è buio”, osserva il Papa, “ma anche nel cuore di Abramo c’è il buio della delusione, dello scoraggiamento. Si sente solo, vecchio e stanco”. Come continuare a fidarsi? Eppure Abramo continua a sperare che qualcosa possa accadere. Altrimenti perché avrebbe richiamato il Signore alle sue promesse? “La speranza non è certezza che ti mette al sicuro dal dubbio della perplessità” assicura Francesco. “Fede è anche lottare con Dio, mostrargli la nostra amarezza senza pie finzioni. ‘Mi sono arrabbiato con Dio e gli ho detto questo e quello’. Ma Lui è Padre e ti ha capito, vai in pace. Avere questo coraggio”. Speranza è anche non avere paura di vedere la realtà per quello che è e accettarne le contraddizioni. Abramo chiede a Dio che lo aiuti a continuare a sperare. Dio gli chiede di continuare a chiedere e a sperare: ancora una promessa. In quella notte del dubbio, Dio conduce Abramo fuori dalla tenda, “in realtà dalle sue visioni ristrette”. Per credere è necessario saper vedere con gli occhi della fede, osserva il Papa. “Le stelle per Abramo devono diventare il segno della fedeltà di Dio”. Francesco conclude: “Se anche a noi rimane come unica possibilità quella di guardare le stelle, allora è tempo di fidarci di Dio. Non c’è cosa più bella: la speranza non delude”.

fonte: Avvenire