San Pietro Canisio, sacerdote e dottore della Chiesa

Liturgia della Parola

Ct 2,8-14; Sal 32; Lc 1,39-45

La Parola del Signore

…è ascoltata

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

…è meditata

Le due donne protagoniste di questo brano evangelico, Maria ed Elisabetta, avrebbero validi motivi per avere paura e lagnarsi della propria condizione. La prima, giovanissima, ha appreso di un concepimento avvenuto dentro di lei che nessuna mente umana poteva immaginare e sa che, quando troverà il coraggio di dirlo a Giuseppe, potrà essere ripudiata ed esposta alla morte oltre che agli attacchi dei benpensanti. La seconda, anziana, poteva parlare della fatica e degli sguardi delle persone per una gravidanza desiderata, ma giunta troppo tardi. Noi, al loro posto, avremmo fatto dell’incontro un piagnisteo al rialzo per mettere in risalto i nostri guai sicuramente maggiori di quelli del nostro interlocutore. E invece no! L’incontro tra Maria ed Elisabetta è un inno alla gioia ed un attestato di fede. Tutta la Scrittura è orientata all’insegna della fiducia. Così anche Maria ed Elisabetta si fidano e si affidano al Signore. Maria saluta la cugina ed il bimbo sussulta nel seno di Elisabetta. E lei, piena di Spirito Santo, ripete quelle parole fissate nella preghiera per eccellenza alla Vergine Maria: l’Ave Maria.
Ed ecco gli altri due protagonisti del brano: Gesù, ancora embrione di poche cellule, e Giovanni Battista, feto di circa sei mesi; è bello sentire dall’evangelista che anche loro due si siano salutati con gioia: “…, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.”. Lo stesso verbo che indica il movimento del feto nel grembo di Elisabetta viene usato da Maria nel suo Magnificat: “… il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, …”.
Questo è uno dei brani più noti del Cristianesimo e il manifesto più eloquente della esistenza dell’uomo nell’embrione e nel feto. Oggi gli attacchi più sconsiderati e violenti sono quelli contro la vita di questi esseri viventi della specie umana, nei quali è più difficile scorgere un viso d’uomo. L’embrione (Gesù lo è stato mentre Maria si recava da Elisabetta), nei suoi primi quindici giorni di vita, non ha un volto, è una vita nascosta in un gruppo di cellule, non qualsiasi, ma identiche a quelle dell’individuo verso il quale esse sono capaci di svilupparsi in autonomia, se solo ricevono nutrimento. Il feto (Giovanni lo è mentre esulta di gioia) non ha un volto, è un essere vivente della specie umana piccolissimo, nascosto in un grembo di donna, ma è già completo, gli batte un cuore, ha i cinque sensi, reagisce e deve solo crescere. Negli ultimi trenta anni del secolo scorso, al ritmo di cinquanta milioni all’anno, si contano per difetto 1 miliardo di vittime per aborto e fecondazione artificiale. Gesù ha voluto essere il più piccolo degli esseri umani e crediamo che oggi, alle domande che mette in bocca a Dio nel Giudizio universale, aggiungerebbe: “Ti sei fatto volto di chi non lo ha, ti sei fatto mano e voce di chi non l’ha per difendere il suo diritto alla vita?” Alla fine saremo giudicati anche su questo.

…è pregata

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi, affidiamo a Te la causa della vita: guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere, di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall’indifferenza o da una presunta pietà. Fa’ che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita. Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo, la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire, insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell’amore a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita. Amen.
San Giovanni Paolo II a conclusione della Evangelium Vitae

…mi impegna

Faccio un atto di affidamento in Dio, ponendo in Lui la mia fiducia e presentandogli le gioie e le pene della giornata. Mi impegno per la difesa della vita umana nelle fasi di sua maggiore debolezza, nel nascere e nel morire.