In un mondo prono ai diktat del pensiero unico relativista e brulicante di «uomini-fotocopia» – tanto per parafrasare un felicissimo aforisma del beato Carlo Acutis (1991-2006) – imbattersi in un libro come Vitastrocche (ed. Segno 2021, 8 euro) costituisce un’opportunità da non perdere e si traduce in un’esperienza dalle svariate sfaccettature. In principio è soprattutto straniante; poi, allo scorrere delle pagine, si fa intellettualmente stimolante e a tratti commovente; arrivati alla trentunesima e ultima filastrocca, ci si scopre non solo scossi ma, in un certo senso, anche corroborati.

Ovviamente, quella sopra descritta è solo una possibile reazione ai versi di Rosa Evangelista: è ciò che è accaduto a me, agli altri lettori che ho interpellato e – mi pare di poter dire – a Costanza Miriano, autrice di un’affettuosa e ammirata prefazione. Non escludo, infatti, che si possa rimanere indifferenti o persino infastiditi dinanzi alle verità «scomode» che pulsano in Vitastrocche; eppure, l’implacabilità del ritmo e l’apparente innocenza della rima potrebbe compiere il «miracolo» e smuovere anche le coscienze più narcotizzate.

Perché la lettura di Vitastrocche è un’esperienza innanzitutto straniante? Perché, come osservato dalla prefatrice, siamo dinanzi a una ragazza non ancora diciottenne che scrive poesie e dimostra persino di saperlo fare molto bene. Per di più, si tratta di poesie a difesa della vita nascente: un tema «impresentabile» praticamente escluso da qualsiasi forma di dibattito pubblico o privato. Dell’autrice sappiamo ciò che le poche righe in quarta di copertina lasciano trapelare: che è nata nel 2003 e vive in Campania; che ama leggere, scrivere e fare musica; che si è appassionata al tema della vita nascente dopo aver partecipato alla Marcia per la Vita 2020 a Washington D.C.

Le trentuno vitastrocche invitano il lettore ad apprezzare da vari punti di vista la realtà dei cuccioli d’uomo che, nessuno escluso, trascorrono i primi mesi della propria esistenza all’interno del grembo di un altro esemplare della stessa specie, invariabilmente di sesso femminile. Ed è proprio in questi primi mesi che la vita di quei cuccioli è più a rischio, vista la relativa facilità con cui chi li sta nutrendo potrebbe decidere di ricorrere a un aborto procurato. Ecco i versi d’esordio: «Sono qui/e non sono uno straniero» ricorda a tutti noi quel piccolo d’uomo dall’habitat che la natura gli ha riservato, rivendicando per sé lo status di persona e non di cosa: «Sono tuo/E sono mio/E sono vero/Sono umano/Sono vivo/Sono figlio…».

In Rima liberi tutti l’autrice, dimostrando una sensibilità piuttosto rara – e non solo tra i suoi coetanei –, osa suggerire che alcune scelte apparentemente solo individuali hanno ricadute sociali e antropologiche. E queste scelte,  volenti o nolenti, ci rendono tutti un po’ migliori o un po’ peggiori, anzi, talvolta si traducono in veri e propri peccati sociali: «Non siamo responsabili! Non è mica colpa nostra!/ […]/ Continuiamo a stare zitti/Ma se un umano è afflitto,/Tutti siam sconfitti/Se un uomo è schiavo/ Tutti siam distrutti/…».

Non potendo indulgere alla tentazione di citare almeno un verso di ogni vitastrocca, ci limiteremo a ricordare come Rosa Evangelista faccia propria una visione sulle donne che abbiamo di recente apprezzato ne L’abolizione della donna (D’Ettoris Editori, 2021), volume scritto dalla militante pro-life britannica Fiorella Nash. In Rima per le rivolta delle femmine leggiamo: «Ma chi l’ha detto?/Ma chi ci ha convinti/Che nella vita/Son tossici i figli?/[…] Chi ce lo ha detto/Che dare la vita,/Non è un dono/Ma è solo ferita?» Una vitastrocca che volentieri affianco a quella preferita da Costanza Miriano. È la Rima per mamme eroiche ispirata alla storia di Chiara Corbella Petrillo (1984-2012)«Ci sono mamme eroiche / Guerriere e combattenti / Che affrontano contente / Fortissime correnti /…», settenari belli e nobili impreziositi da un neologismo indimenticabile che però non svelerò in questa recensione.

Altre rime hanno un carattere quasi epigrammatico. A Erode è dedicata la Storia di un Re. C’è stato un «Erode passato», c’è un «Erode presente». Infatti: «Passano secoli/Usanze e genti/Ma non la strage degli innocenti». Chiude il volume la splendida Rima per i bambini futuri legislatori che in realtà dovrebbero leggere anche gli attuali legislatori adulti. Che cos’è che rende «ingiusta» una legge? La mancata regolarità formale nelle tappe della sua approvazione, o i suoi contenuti? Rosa Evangelista, novella Antigone, non ha dubbi: «La legge giusta è quando fa il bene / Anche se non conviene / … / Se la legge è ingiusta / Non puoi / stare zitto».