Il secondo fioretto versificato che proponiamo questo mese per la rilettura, se non è il più bello in assoluto, certamente è tra quelli più noti. Si tratta del famoso episodio del lupo di Gubbio, che correva un tempo su tutte le antologie ed anche sui libri di lettura delle scuole elementari. E’ lì infatti che ricordo di averlo incontrato per la prima volta, accompagnato naturalmente da un bel disegno a colori che ne aumentava la suggestione e l’emozione.
   Dell’episodio vi sono state, come si può immaginare, moltissime riprese,  illustrazioni e raffigurazioni artistiche. Autore di questa “messa in versi” che stiamo per leggere è Angiolo Silvio Novaro (Diano Marina 1866 – Imperia 1938), il quale fu poeta e prosatore e dal 1929 accademico d’Italia. La sua poesia, “di tono pascoliano”, “raggiunge una grazia delicata, pervasa di malinconia crepuscolare, nei versi per  bambini de Il cestello (1910)”.
   Anche in questo caso, in un linguaggio semplice e piano, egli ci offre una commossa rievocazione dell’episodio del lupo, molto adatta ai bimbi, ma anche un po’ al “fanciullino” che permane in ognuno di noi.
   Chi poi, incuriosito dal testo o spinto dai ricordi, volesse rileggersi l’originale dei Fioretti (si tratta del capitolo XXI: Del santissimo miracolo che fece santo Francesco, quando convertì il ferocissimo lupo d’Agobbio), potrà ritrovarlo in AA. VV., Fonti Francescane, vol. I, Assisi 1977, pp. 1500-1503. E chi infine si trovi  a passare nella bella cittadina umbra, si potrà togliere anche una particolare curiosità. Infatti “la tradizione addita…, nella Chiesa di S. Francesco della pace, il sepolcro dove religiosamente è sepolto il famoso lupo, anzi la lupa (più feroce), come attesta la tradizione locale.
   Nella lapide, posta ai piedi di S. Francesco con il lupo, è scritto: “Avendo san Francesco con la santa croce umiliata fuor di Gubbio quella lupa che homini e bestie divorava con stupor del populo la menò et su la presente pietra predicando si fece dare la fede con la zampa con patto d’esser dalla città nutrita sì che a tutti poi obbediente nella vicina grotta abitava. MCCXX”.
   Negli anni 1872-73 si affermò di aver ritrovato lo scheletro della lupa, sotto la pietra tombale che si mostra a terra nella foto”. (Luciano Canonici, La terra di S. Francesco – Umbria e dintorni, Plurigraf, Narni-Terni 1981, p.57).
   (La poesia è composta da 46 endecasillabi (42 piani e quattro tronchi i –ì) rimati a coppie, così da formare 23 distici. Schema: AA, BB, CC…)

 

  San Francescoe il lupo

 

Viveva un dì – narra un’antica voce –
   intorno a Gubbio un lupo assai feroce
che avea denti più acuti che i mastini
e divorava uomini e bambini.
   Dentro le mura piccole di Gubbio
   stavano chiusi i cittadini in dubbio
ciascuno della vita. La paura
non li lasciava uscire dalle mura.
   E San Francesco venne a Gubbio e intese
   del lupo, delle stragi, delle offese:
ed ebbe un riso luminoso e fresco,
e disse: – O frati, incontro al lupo io esco!
   Le donne aveano lacrime così
   grosse, ma il Santo ilare e ardito uscì,
e a mezzo il bosco ritrovò il feroce
ispido lupo, e con amica voce
   gli disse: – O lupo, o mio fratello lupo,
   perché mi guardi così ombroso e cupo?
perché mi mostri quegli aguzzi denti?
Vieni un po’ qua, siedimi accosto, senti:
   io so che tu fai molto male a Gubbio
   e tieni ognuno della vita in dubbio,
e so che rubi e uccidi e niun perdoni
nemmeno ai bimbi, e mangi i tristi e i buoni:
   orbene, ascolta:  come è vero il sole
   ciò che tu fai è male. Iddio non vuole!
Ma tu sei buono; e forse ti ha costretto
a ciò la fame. Ebbene io ti prometto
   che in Gubbio avrai d’ora in avanti il vitto:
   ma tu prometti essere onesto e dritto
e non dare la minima molestia:
essere insomma una tranquilla bestia.
   Prometti dunque tutto questo, di’? –
   E il lupo abbassò il capo e fece: – Sì!
– Davanti a Dio tu lo prometti? – E in fede
il lupo alzò molto umilmente un piede.
   Allora il Santo volse allegro il passo
   a Gubbio, e il lupo dietro a capo basso.
In Gubbio fu gran festa, immensi evviva:
scoppiò la gioia e fino al ciel saliva.
   E domestico il lupo entro rimase
   le chiuse mura, e andava per le case
in mezzo ai bimbi come un vero agnello
e leccava la gota a questo e a quello.
   E poi morì. E fu da tutti pianto
   e seppellito presso il camposanto.

Angiolo Silvio Notaro (1866-1938)